Un dumb phone può essere una opzione realistica per i preadolescenti nell’ottica di una introduzione graduale al digitale e come alternativa allo smartphone connesso alla rete e ad uso personale?

Per diverso tempo ho tenuto dentro di me questa domanda, poi ad un certo punto si è deciso in famiglia di sperimentare questa opzione e visto che probabilmente non sono l’unica ad aver avuto questa domanda vorrei restituirvi la nostra esperienza che potrebbe sempre servire ad altri genitori.

Ma, facciamo un passo indietro, cosa si intende per dumb phone?  Letteralmente sarebbe un telefono “stupido”, ossia per nulla smart (i termini in inglese sono sempre più affascinanti si sa). Quindi banalmente per dumb phone si intende un telefono non connesso alla rete e al web. Un telefono vecchio stile, come per esempio il mitico Nokia 3310.

Si utilizza per telefonare, mandare sms e se siete fortunati per giocare a snake. Tutto qui, un semplice strumento di comunicazione che spesso non è neanche preso in considerazione, salvo ritornare in auge in alcuni casi particolari.

Gradualità e Digitale

La prima volta che alcuni amici mi hanno parlato di questa opzione, che avevano praticato con il loro primogenito, ho pensato sinceramente che fosse un po’ troppo “old style”. La mia idea al riguardo era che avrei semplicemente aspettato l’età che ritenevo più appropriata per uno smartphone ad uso personale e stop. Un semplice telefono in mano a un ragazzino circondato da compagni con lo smartphone di ultima generazione mi sembrava una via di mezzo non praticabile. O comunque piuttosto ardua.   

Ma la vita è bella proprio perché ti fa cambiare idea ancora e ancora. Così dopo diverse pensate, dialoghi e confronti io e mio marito ci siamo decisi qualche mese dopo ad andare in questa direzione. Di fatto tornava utile dare a mio figlio un semplice mezzo per comunicare con me o con il papà in determinate occasioni. Il preadolescente di casa iniziava infatti ad essere più autonomo e a muoversi per la città per brevi percorsi.

Note positive

Un semplicissimo Nokia 3310 è diventato quindi ad un certo punto il telefono di mio figlio. Posso dire di aver raccolto diverse conseguenze positive.

Mio figlio ha imparato ad orientarsi nel percorso da casa a scuola e in altri percorsi che faceva il pomeriggio. Utilizzando anche i mezzi pubblici, chiedendo ai passanti se necessario, perdendosi talvolta, osservando e memorizzando fermate, strade e monumenti. Questo in effetti anche prima di avere il Nokia, per il semplice fatto che faceva un certo percorso conosciuto, fatto insieme per mesi e poi successivamente da solo, in autonomia. E poi pian piano si iniziavano ad aggiungere nuovi percorsi.

Se avesse avuto Google Maps a sua disposizione sarebbe successa la stessa cosa? Probabilmente come spesso facciamo noi adulti si sarebbe completamente affidato all’App senza memorizzare il percorso e i punti di riferimento. Ad un certo punto mi ha chiesto di regalargli una cartina gigante della nostra città e l’ha appesa in camera sua, studiandola nel dettaglio.

Un altro punto estremamente positivo è stato l’aver notato con piacere che con questo vecchio telefono era semplice prendere l’abitudine di chiamare. Cosa non affatto scontata fra i ragazzi e talvolta neanche fra gli adulti. Di sicuro è stato favorito dal fatto di non avere altre opzioni immediate per comunicare (il tempo di scrivere un sms è notevole e quasi snervante). Telefonare è un’esperienza che può diventare una piacevole abitudine, invece che qualcosa da cui necessariamente sfuggire e che può aprire alla pratica estrema della conversazione e del dialogo.

Il dolce creativo era possessore di un numero di telefono e aveva la possibilità di essere contattato al bisogno: un upgrade notevole e graduale nel suo percorso di crescita. Poteva quindi mettersi d’accordo con compagni e amici per studio e attività varie, senza dover passare da noi ogni volta.

Fatiche e Paure

Ci sono state fatiche? Poche. È davvero uno strumento semplice, anche se essendo comunque una novità inizialmente lo si può usare in modo eccessivo e c’è il rischio di rimanerci attaccati. Si tratta comunque di un nuovo strumento che entra nella vita e che bisogna imparare a gestire.

Più che fatiche mi sono trovata a dover superare delle paure, per esempio la paura che non fosse la soluzione giusta per lui o che potesse essere guardato male per questo. Per noi è stato d’aiuto aver fatto questa scelta in contemporanea ad altri amici.

Forse se si è gli unici a possedere un dumb phone può essere più difficile far accettare al ragazzo questa scelta, ma devo dire che i nostri figli accettano di buon grado decisioni nelle quali ci vedono convinti. La nostra decisione in quel momento era assolutamente solida e motivata. “Ci sarà tempo per avere uno smartphone ad uso personale, al momento attuale questo basta per rispondere alle esigenze pratiche dei primi spostamenti in autonomia e della crescita. Uno smartphone è uno strumento più complesso da gestire, richiede una maturità e un bagaglio di tempo da dedicare e competenze non indifferente”.

E come si fa con le richieste della scuola?

E come fare per il registro elettronico, classroom e le chat di classe nell’ambito della scuola secondaria di primo grado? Si sa che ormai tutte le scuole utilizzano bene o male il registro elettronico e classroom, laddove invece le chat di classe sono una scelta soggettiva dei genitori o in alcuni casi degli insegnanti.

Io non ho mai pensato che lo smartphone potesse essere lo strumento più adatto per consultare il registro elettronico, classroom o peggio ancora per fare delle ricerche o dei lavori di gruppo. L’ideale é avere un dispositivo di famiglia che possa essere utilizzato al bisogno, mentre per le chat di classe più si aspetta meglio è. Posso dire con certezza che le chat su WhatsApp non sono affatto essenziali in prima media, anzi tendenzialmente sono fonte di problemi e criticità.

Le possibilità per partecipare alla socialità di classe possono essere altre e vanno favorite e suggerite ai ragazzi, mettendoli nella condizione di comunicare con i compagni. Inoltre WhatsApp è comunque un social il cui accesso non è previsto prima dei 13 anni. La mia idea è stata sempre quella di usare questo limite come un nostro alleato e non come un ostacolo da superare.

Dumb phone: una alternativa allo smartphone per i preadolescenti

Non è affatto detto che un dumb phone sia l’opzione perfetta per tutti. Certo é che all’interno di un percorso di gradualità può rappresentare una tappa importante verso l’autonomia e l’autoregolazione che speriamo possano raggiungere i nostri figli in rapporto al digitale (e speriamo di avere noi adulti!).

Ultimamente questo strumento sta tornando in auge fra molti ragazzi della generazione z. Proprio per poter avere del tempo disconnessi dalla rete e dai social, senza rinunciare alla possibilità di comunicare telefonicamente.

Posso dire che, come famiglia, abbiamo favorito l’utilizzo di questo strumento nell’ottica di una introduzione graduale al digitale e posso dirmi assolutamente soddisfatta. Questa scelta ha risposto a una esigenza di praticità e ha avuto degli effetti positivi per mio figlio e di conseguenza anche per noi.

Certo è stato necessario condividere con il preadolescente di casa le ragioni che ci hanno portato a questa scelta, sicuri di un bene per lui nell’aspettare a consegnargli uno smartphone. Anche se intorno a lui, e in particolare nella sua classe, quasi tutti lo avevano già. E’ stato vincente fare sinergia con altri genitori, fare attenzione alle occasioni di socialità e alle modalità nelle quali potesse sperimentare un uso attivo e creativo del digitale.

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