Conta più il traguardo o il percorso? Questa domanda ha caratterizzato parte della mia estate, ridestata anche dalla lettura dell’ultimo volume di Alberto Pellai, Allenare alla vita.

L’autore in questo libro prova a definire gli aspetti fondamentali su cui occorre rifocalizzare l’attenzione, il pensiero e la responsabilità educativa del mondo adulto. Fra i vari capitoli uno mi ha davvero colpito più degli altri e si intitola la velocità è un falso mito. Perché mi ha sorpreso così tanto e perché penso che ogni genitore, educatore e docente dovrebbe fermarsi a leggere questa pagine? Provo a spiegarlo in questo post.

Il rischio di non accorgersi più che chi va piano, va sano e va lontano

C’è un immenso rischio che tutti corriamo ogni giorno, presi dalla frenesia di arrivare subito all’obiettivo che ci siamo prefissati, ossia non accorgersi più che chi va piano va sano e va lontano. Come genitori siamo spesso focalizzati sul traguardo e sull’obiettivo che desideriamo che i nostri figli raggiungano, ad ogni inizio anno scolastico e ciclicamente ci si pone questa domanda e si apre questa riflessione in famiglia. Spesso però il rischio è proprio di non guardare all’importanza del percorso o di sottovalutarne la portata. In termini di ricchezza e competenze, rispetto a quanta vita possano vivere e incontrare, rispetto a quanto possano crescere e maturare seguendo un certo percorso, magari lentamente e faticando.

Per calarci nella realtà Pellai fa l’esempio del diario scolastico e dell’utilizzo di questo oggetto ormai ai più sconosciuto, scomparso dalla vita dei nostri figli, eppure così fondamentale. Ho trovato questo esempio cruciale perché penso che sia un argomento davvero attuale e che si possa portare all’attenzione di insegnanti, dirigenti, genitori ed educatori. Tutto questo tempo “risparmiato” a scuola nel non dettare i compiti si trasforma in tempo “perso” dagli studenti il pomeriggio per recuperare le varie informazioni. Penso soprattutto ai ragazzi della scuola secondaria di primo grado, anche se la questione non si ferma qui.

Regnano orma sovrani classroom e il registro elettronico, ma vogliamo davvero essere sempre legati a questi strumenti e vogliamo che i nostri figli lo siano per poter sapere cosa studiare e per potersi organizzare i pomeriggi?

Preadolescenti da accompagnare

La realtà è che quando hai 11, 12 o 13 anni ti serve avere un adulto che spenda del tempo per spiegarti e farti comprendere il compito che ti vuole assegnare. Quella velocità che si è guadagnata con il registro, con Classroom e con questi strumenti in realtà rischia di non tradursi in un vantaggio concreto se non è accompagnata dall’adulto. E allora perché non iniziare valorizzando lo strumento del diario come punto principale di riferimento e di organizzazione dello studio e dell’agenda della settimana?

Pellai si sofferma nuovamente in questo libro a descrivere cosa succede nel cervello in sviluppo dei ragazzi in questa fase della preadolescenza così delicata e importante.

Il cervello dei preadolescenti e l’organizzazione del pomeriggio

Un elemento chiave che caratterizza il funzionamento mentale in preadolescenza è proprio lo squilibrio fra le attività e la potenza che c’è fra il cervello emotivo e il cervello cognitivo. Questa fase specifica Pellai la spiega benissimo nel volume “l’età dello tsunami” che vi consiglio di leggere se non avete ancora letto: qui trovate un post che ne parla.

Proprio in virtù di qual è lo stato dello sviluppo del cervello dei nostri figli preadolescenti ci possiamo rendere conto di quanto uno strumento come il diario possa essere utile. Perché vi starete forse chiedendo?

Perché compilare e consultare un diario comporta fare quotidianamente un esercizio utile a sviluppare le funzioni del cervello cognitivo che sono quelle più immature al momento. Quindi si può dire che la compilazione del diario è il primo strumento di organizzazione e sistematizzazione di tutte quelle domande che mi ritrovo come studente preadolescente a inizio pomeriggio. Ossia, cosa devo fare oggi? Come pianifico lo studio e come organizzo il mio pomeriggio? A cosa devo dare priorità nelle ore che ho davanti a me? Come gestisco il tempo? Ossia come mi organizzo fra ciò che devo e fare ciò che avrei piacere di fare?

Il cervello dei preadolescenti a scuola

L’autore prosegue descrivendo tutto quello che succede nel cervello di un ragazzo o ragazza durante le ore del mattino a scuola, in particolare mentre il docente sta dettando i compiti. Mentre lo studente scrive sul diario il compito assegnato, si attivano nel suo cervello le diverse aree corticali che sono associate a memorie differenti, ossia quella grafo motoria (scrivo ciò che mi viene dettato), quello uditiva (ascolto le parole dell’insegnante), quella cognitiva (cerco di comprendere il significato di quello che sto scrivendo) e quella visiva (osservo le parole che vengono tracciate sul foglio).

Emerge chiaramente che scrivere un compito a lezione sul diario non significa semplicemente riportare un dato informativo, ma comporta depositarlo a più livelli e in più aree del proprio funzionamento mentale.

Mentre si sta trascrivendo la consegna del compito cosa succede? Succede più di quello che si potrebbe immaginare: il ragazzo infatti sta anche comprendendo il significato, lo sta apprendendo e memorizzando.

Forse vale la pena che queste competenze – che gli studenti sviluppano durante la dettatura – possano essere allenate ogni giorno. Per cui conta si il fine, il traguardo, ma conta tantissimo anche il come, cioè come quel fine viene perseguito e raggiunto. Un percorso non è uguale all’altro, il ragazzo non è lo stesso pur arrivando allo stesso traguardo, ciò che guadagna è diverso.

Conta più il percorso o il traguardo?

In un mondo che diventa sempre più fast, cioè che ci chiede di accelerare, come si fa a preservare la lentezza come un valore formativo? Come dare tempo e modo al bambino prima e all’adolescente poi di muoversi con calma nella fase della vita in cui vanno costruite le fondamenta per tutto ciò che verrà dopo?

L’autore ci pone e si pone questa grande domanda che rappresenta una delle sfide educative più grandi per noi adulti. Forse occorre davvero chiedersi se questa comodità di avere i compiti sul registro di Classroom non ci faccia anche perdere qualcosa o non stai facendo perdere qualcosa ai nostri figli: ci avete mai pensato?

Forse potrebbe davvero essere che la lentezza conti in realtà più della velocità in questa fase evolutiva di crescita. Quindi conta più il traguardo o il percorso nell’educazione?Pellai ci mostra come la velocità fornisca il vantaggio del raggiungimento del traguardo, ma quanto questo vantaggio sia solo apparente. Se si abolisce il percorso si rimane totalmente sguarniti della capacità di acquisire le competenze che solo da esso possono essere formate, educate, accompagnate e integrate.

Quale percorso ci interessa possano fare i nostri figli?

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