Ci sono libri che colpiscono in profondità e sono così vivi che possono incidere davvero nella vita quotidiana, Irules come educare figli iperconnessi è proprio uno di questi.

Non è questo il luogo di una recensione dettagliata, ma ci sono alcuni punti di questo volume nel quale mi sono profondamente ritrovata e che credo possano essere utili anche a te, mamma o papà digitale dell’epoca contemporanea.

METTETEVI ALLA PROVA

Janell Burley Hofmann è diventata celebre per aver proposto a suo figlio tredicenne Gregory un contratto per l’utilizzo dello smartphone. 18 regole per non soccombere alle nuove tecnologie che prendevano spunto dai valori e dai principi della famiglia. Qui trovate il testo completo delle 18 regole che se non conoscete vi consiglio di leggere con calma: può essere un ottimo modello da personalizzare per i propri figli.

L’autrice ci introduce subito a un dialogo con lei e con noi stessi, proponendo alcune domande serrate per poterci mettere alla prova e allo stesso tempo spingerci a unire le forze!

DIALOGO E DIALOGO

Il dialogo rimane il perno dell’educazione in famiglia, secondo la Hofmann. In primo luogo, si intende un dialogo con noi stessi, poi con il nostro coniuge/compagno e quindi con i figli.

“Non abbiate paura di applicare le stesse strategie educative alla tecnologia”

Janell Burley Hofmann

Questo è una dei messaggi fondamentali dell’autrice. Cosa significa? Significa che non si possono introdurre le tecnologie nelle nostre famiglie senza nessuna norma o indicazione, ossia senza avere cura di educarci ed educare anche su questo aspetto e confrontarci anche con chi è intorno a noi.

Il dialogo può essere davvero il perno dell’educazione: dobbiamo iniziare a parlare. Dobbiamo fare domande, raccontare storie, dialogare con il partner e con i familiari. Avviare conversazioni con educatori, pediatri, vicini di casa. Esaminare i desideri, le esigenze, gli obiettivi e i valori della nostra famiglia e poi applicarli alla tecnologia. E così piano piano ci si ritrova più sicuri delle proprie idee e si diventa genitori più forti.

Questo mi riporta alla mente tutto questo bellissimo progetto che aspetta anche il vostro contributo e che può essere uno strumento utile a tantissime famiglie con l’obiettivo di ricostruire quel villaggio che serve per crescere un bambino. Occorre comprendere di nuovo e di continuo le proprie motivazioni educative: una maggiore conoscenza di sé stessi aiuterà a educare con maggiore chiarezza i propri figli.

PARTIRE DA SÉ STESSI

Naturalmente ci casco anche io, continuamente. Occorre iniziare a osservarsi con attenzione e lealtà. Siamo pervasi da questa cultura e ormai prendiamo in mano il telefono per abitudine in qualunque momento di noia o attesa. Mi sono ritrovata in pieno in questa pagina dell’autrice e chi potrebbe sentirsi estraneo?

“La consapevolezza dei miei comportamenti si è profondamente acuita da quando ho deciso di regalare l’IPhone a mio figlio”.

Janell Burley Hofmann

Potrei dire anche io lo stesso, correggendo il finale in “da quando ho iniziato a interessarmi all’educazione digitale dei miei figli”, cosa che per me è iniziata ben prima della consegna di uno smartphone. Questo interesse ha permesso che iniziassi un percorso di maggiore consapevolezza del mio utilizzo degli strumenti tecnologici e delle mie stesse dipendenze da essi.

Ci sono piccole abitudini che possiamo iniziare a cambiare e che potrebbero avere un impatto molto positivo sulla nostra vita. Piccole sfide che si possono sperimentare sulla propria pelle.

Il desiderio per sé e per i propri figli è che si possano costruire relazioni autentiche, che si possa preservare un tempo disconnesso in famiglia e con gli amici nel quale stare davvero insieme. O ancora ritrovare del tempo per sé nel quale si è disconnessi dalla rete: questo può aiutarci a riconnetterci con noi stessi e con chi abbiamo intorno.

Vi consiglio di leggere questo libro, non ve ne pentirete!

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