Gestire le emozioni nel rapporto con i figli

Ho approfondito qui le caratteristiche che devono avere le regole per essere efficaci, cosi come ci suggerisce Novara nel libro Urlare non serve a nulla. Gli argomenti che l’autore affronta in questo testo sono molteplici, così come molteplici sono gli esempi tratti da dialoghi e racconti di vita reale.

Le emozioni al centro

Qui vorrei accennare a un altro aspetto che ho trovato estremamente interessante e che pone il tema del saper gestire le emozioni:

“Un eccesso di reazione emotiva rappresenta un segnale di fragilità dell’adulto, una manifestazione di scarso autocontrollo e specialmente di scarsa distanza emozionale”

Novara in questo punto parla soprattutto delle emozioni di noi adulti, in particolare di noi genitori. A me è successo tante volte di lasciare che le mie emozioni girassero a ruota libera e l’effetto è stato sempre disastroso.

Prendere le distanze dai loro conflitti

Imparare a gestire le emozioni e distaccarmi dalle mie emozioni forti mi ha portato dei frutti. Penso, per esempio, al disagio, al fastidio, al nervoso e talvolta potrei dire alla frustrazione che provo quando i miei figli litigano in continuazione. Distaccarmi da questo mi ha aiutata e mi aiuta ogni volta.

Non è stato immediato capire come gestire i litigi dei miei figli e come starci di fronte. Negli anni mi sono trovata tante volte impantanata nei loro litigi, stressandomi e innervosendomi tantissimo. E tuttora non ne sono completamente immune, anzi. Quando i bambini sono lì a litigare e litigare, istintivamente mi verrebbe sempre da intervenire per cercare di fare da paciere, salvo ritrovarmi poi frustrata a urlare perché non riesco a risolvere la situazione.

Nel tempo ho imparato quanto sia proficuo rimanere in disparte (sempre con l’occhio vigile per sorvegliare che non scorra sangue a fiumi) e aspettare.

La maggior parte delle volte la cosa si risolve senza che io debba intervenire e il superamento del conflitto porta i suoi frutti. Succede che il litigio si risolva più velocemente di quanto io avessi scommesso e dal litigio nasca un nuovo equilibrio e un nuovo patto siglato in modo del tutto autonomo fra i bambini. Altre volte vengo interpellata e allora provo a fare loro qualche domanda che possa aiutarli e stimolarli a trovare un accordo.

Il mio passo indietro

Questa è però la conseguenza di un passo fondamentale che ho dovuto fare prima: lasciare che i conflitti dei mie figli rimanessero i loro conflitti e non miei, accettare che i bambini litighino e tenere una giusta distanza emozionale dai “loro” litigi.

La cosa interessante è che ho scoperto che mi stresso molto meno proprio allontanandomi emotivamente dai loro conflitti e non è affatto necessario che io prenda posizione.

Questo per me è stata una liberazione: ragazzi mettetevi d’accordo fra di voi, io non c’entro.  

Non pensare che il conflitto vada risolto in modo tempestivo è un altro punto importante: non c’è bisogno di tappare subito le loro sante bocche solo perché io sono stanca e ho una minuscola riserva di pazienza. Occorre farsi qualche domanda in più, rimanere in ascolto delle loro ragioni e pensieri, rispondergli in merito se interpellati, proporre qualche opzione e infine prendere tempo. Non avere fretta di risolvere noi i loro problemi conflittuali, rischiando di influenzare il loro dialogo e la loro disponibilità. 

Questo va unito alla COESIONE, di cui parla Novara parla più volte nel libro. Con questo termine l’autore intende la condivisone delle regole e delle linee educative con l’altro genitore. Io la riedito nelle 2 frasi più quotate con i miei figli per rispondere alle loro richieste:

1. Vediamo, ci devo pensare.

2. Ne devo parlare con papà.

Questo prendere tempo mi aiuta a riflettere, a sbollire se necessario, a prendere decisioni più accurate e centrate su ciò che è davvero utile per educarli concretamente.

E voi, riuscite a distaccarvi dalle vostre emozioni forti nel rapporto con i vostri figli?

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