Questo libro di Daniele Novara è molto semplice ed estremamente illuminante sotto molteplici aspetti, che vanno oltre ciò che si potrebbe immaginare leggendo il titolo “Urlare non serve a nulla”.

Un libro come ispirazione e supporto

Fin da quando i bambini erano piccoli ho trovato conforto, supporto, correzione, ispirazione e conferme leggendo diversi libri sulla pedagogia educativa dell’infanzia. Con il passare del tempo ho iniziato a leggere sempre più libri e a trovare sempre più spunti e argini precisi. Ne ho sempre avuto estremo bisogno per orientarmi e per crescere in questo compito infinito che abbiamo. I libri di Novara fanno sicuramente parte di questo bagaglio. 

Se siamo, come dice Novara, in un’epoca che vede noi genitori più dediti all’accudimento che all’educazione intesa come crescita e scoperta di sé, bisogna che ne prendiamo coscienza, e soprattutto che ci chiediamo: che cosa posso fare concretamente per educare i miei figli?

Urlare non serve a nulla prova a dare delle risposte “concrete” a questa domanda, bisogna superare infatti la convinzione che l’importante sia amare i nostri figli: quello è il presupposto.

Urlare fa parte del quotidiano

A quale mamma non capita di urlare con i propri figli? Ma non è questo il punto, non ci si deve fermare lì. Dopo aver riletto ultimamente questo libro, ho scoperto quanto mi abbia influenzato positivamente in azione, dentro la relazione con i miei figli.

In questa pillola voglio raccontarvi le 5 caratteristiche che le REGOLE devono avere per funzionare, così come spiega l’autore.

Le regole sono correlate al fatto che l’educazione sia una questione di ORGANIZZAZIONE e pertanto

“stabilire regole significa prendere decisioni organizzative che non hanno a che fare con questioni esistenziali, sono procedure stabilite in famiglia per vivere meglio”.

Urlare non serve a nulla: quali sono le caratteristiche ottimali di una regola?

1. La coesione

Le regole vanno stabilite da entrambi i genitori. Quando questo non avviene si crea confusione nei figli, inoltre se una regola non è sostenuta da entrambi i genitori non risulterà efficace a lungo.

2. La chiarezza

Una regola deve essere chiara e semplice, ben comprensibile al bambino e impersonale. Ad esempio è corretto dire: “E’ l’ora di andare a dormire” e non: “Sbrigati, vai a dormire”. Oppure a tavola è chiaro dire: “A tavola si sta seduti e si resta a tavola finché tutti hanno finito!” piuttosto che: “Stai fermo e seduto! Giocare con il cibo è da maleducati!”.

3. Realistica e adeguata

La regola deve essere realistica e adeguata. Il bambino deve essere in grado di attuarla e deve essere adeguata all’età. Ad esempio non è realistico aspettarsi che un bambino di 5 anni possa passare più di un tot di tempo seduto fermo in un ristorante.

4. Sostenibile

La sostenibilità: ovvero evitare prescrizioni impossibili come: “Vai pure a giocare ma non sporcarti”, “Corri ma non sudare” (evergreen di tutte le mamme). Le regole insostenibili sono deleterie perché creano sfiducia nel sistema organizzativo stesso.

5. Ragionevole

La ragionevolezza: cioè dietro ogni regola ci deve essere una motivazione educativa e pedagogica. Per ogni regola bisogna chiedersi se è utile per la crescita del proprio bambino (o è utile solo per me genitore?)

Fin qui tutto secondo manuale e rileggendole ci si sente anche in gamba. Ma poi si arriva alla fatidica domanda che in molti aspettiamo:

Che cosa bisogna fare se un bambino non rispetta una regola?

Novara ci ricorda che il genitore di oggi morbido e non autoritario va in crisi davanti a un bambino che non fa quello che deve. Non sa come agire, vorrebbe convincere il piccolo senza obbligarlo ma poi alla fine urla e si arrabbia. Il genitore di oggi si arrabbia perché il bambino non capisce, non lo ascolta…

L’autore ci propone una strada alternativa alle punizioni improvvisate (che sono da evitare), quella della sanzione educativa:

“E’ una sanzione che parte dal presupposto che il bambino non abbia capito, ha bisogno cioè di imparare meglio quello che non gli è chiaro.

Il genitore deve offrire al figlio suggerimenti, nella forma del colloquio, su come superare un problema. Ad esempio, se un bimbo di 6 anni alla mattina non si vuole vestire e continua a giocare, la mamma anziché urlare e vestirlo di forza strattonandolo, deve chiedersi:

“Avrà capito il problema?”

“Come posso aiutarlo?”

Quindi l’autore ci dice che se il bambino non rispetta una regola forse non ha compreso bene il problema e noi ci dobbiamo chiedere come aiutarlo.

La mia esperienza con il sensibile biondo

Appena letta, mi sembrava un’indicazione a dir poco ingenua, poi ho avuto più occasioni per farmi davvero questa domanda. E vi racconto una di queste occasioni, nella mia esperienza con il sensibile biondo, il mio secondogenito.

Nei primi mesi di prima elementare al mattino era un bambino distrutto, faticava ad alzarsi e rifiutava di vestirsi da solo. Ogni mattina mi chiedeva puntualmente di aiutarlo a vestirsi. Per qualche mese ho lasciato correre, poi mi sono irrigidita perché lui non cambiava posizione e questo aveva varie conseguenze. Tutti i miei sforzi, incoraggiamenti o rimproveri non sembravano dare alcun risultato.

Rileggendo queste righe mi sono illuminata, non tanto per la preparazione serale dei vestiti che già facciamo da anni e che l’autore suggerisce, ma su un altro fattore chiave a cui non avevo pensato.

Mi sono rifatta anche io la domanda che cita Novara: ma il biondo avrà capito il problema?

come posso aiutarlo?

Al mattino la nostra routine era impostata per tutti e 4 prevedendo prima il vestirsi (da soli o aiutati a seconda dell’età) e poi la colazione. Questo per il primogenito ha sempre funzionato perfettamente, ma per lui no.

Non siamo tutti uguali e ogni tanto me lo dimentico.

Ho quindi proposto al biondo di fare prima colazione insieme a me e al papà, così da svegliarsi meglio e poi di andare a vestirsi (rigorosamente in modo autonomo perché a 6 anni ci si veste da soli!).

Farsi le domande giuste.

La cosa ha subito funzionato: lui ha accettato la proposta e al mattino era più sorridente e sereno. E questo nuovo inizio ha avuto conseguenze proficue per tutti: io non mi stresso a dover aiutare anche lui a vestirsi, anche il terzo ha iniziato a vestirsi completamente da solo e il quarto inizia per imitazione. L’ultimo scoglio rimangono sempre i calzini!!

Urlare non serve a nulla è diventato per me una esperienza, questa come tante altre. La strada è ancora lunga e ogni mattina si ricomincia.

E’ stato incredibile come farsi questa domanda abbia cambiato tutto, più di mille prediche, cancellando nervosismi e urlataccie di prima mattina.

E voi che approccio avete con le regole? Vi aiutano nell’organizzazione familiare e nell’educazione dei vostri figli?

6 COMMENTI

    • Caspita…hai centrato il problema. La mia seconda ha 6 anni e la.mattina si muove come un bradipo…finisco sempre per fare tutto io al suo posto, altrimenti arriva tardi. Grazie!!! Adesso mi faccio la domanda…ti scrivo quando trovo la risposta!!

      • Farsi la domanda è l’inizio, fammi sapere!!! Comunque siamo nella stessa barca più di quanto possiamo immaginare 😜😉

  1. Atterro su questo post, non molto dopo aver letto il libro, e anche se non sono convintissima di condividere in tutto il suo approccio, ho trovato molto molto utile, tra i tanti suggerimenti, il fatto che Novara insista sul fatto che l’accettazione del conflitto sia fondamentale, liberarsi del pericoloso ideale della famiglia del Mulino Bianco, per accogliere il litigio come momento di crescita e conoscenza reciproca. Grazie per questo post “promemoria”.

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